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Storia di Shazia. 
      Novità per aiutare… 
      Che il Pakistan sia uno dei peggiori 
      “buchi neri” del mondo sembra dimostrarlo anche l’uccisione del nostro 
      eroico agente Pietro Colazzo, vicecapo dell’intelligence in Afghanistan 
      (vedremo dopo perché). 
       
      Ne avevo parlato il 31 gennaio scorso su queste colonne, raccontando la 
      storia di Shazia Bashir, la ragazzina cristiana entrata come serva in una 
      casa di ricchi e potenti musulmani e uscita da lì morta. La sua tragica 
      vita è emblematica della situazione della minoranza cristiana di quel 
      Paese, le cui figlie femmine sono costrette nelle condizioni di Shazia per 
      poter guadagnare la miseria di 12 dollari al mese (8 euro) e far 
      sopravvivere le loro famiglie. 
       
      Mi chiedevo perché nessun organismo umanitario o nessun ente cristiano o 
      cattolico avesse lanciato un programma di adozioni a distanza per salvare 
      queste povere bambine dall’orrore di una servitù che comporta spesso ogni 
      tipo di violenza. Tanti lettori di Libero mi hanno scritto desiderosi di 
      far qualcosa. Oggi finalmente sono in grado di informare che qualcuno – 
      dopo aver conosciuto la tragedia di Shazia – ha trovato il modo di 
      lanciare un primo salvagente. 
       
      Non si tratta di organizzazioni femministe inorridite per la condizione 
      delle giovani donne cristiane. E non si tratta neanche dei tanti 
      “progressisti”, no global o robe simili che amano sciacquarsi la bocca con 
      il Terzo mondo, gli immigrati, la solidarietà e via dicendo. 
       
      Nossignori. A rimboccarsi le maniche per aiutare queste sventurate 
      ragazzine e le loro famiglie cristiane, che sono i più poveri dei poveri, 
      è l’ “Umanitaria padana onlus” (per avere notizie su internet si veda 
      
      www.umanitariapadanaonlus.net). 
       
      Sì, avete capito bene, un’organizzazione umanitaria nata dal popolo della 
      Lega Nord (precisamente dall’ “Associazione donne padane”). Del resto non 
      c’è troppo da stupirsi se si pensa che il Nord Italia e specialmente la 
      Lombardia hanno letteralmente riempito il mondo di missionari. 
       
      L’anima e il motore dell’Umanitaria padana è Sara Fumagalli, una donna 
      straordinaria, ardente di fede cristiana, piena di dinamismo, di coraggio 
      e di umiltà, che ha portato aiuto – anche rischiando fisicamente – negli 
      angoli più disperati del mondo, dal Darfur (in Sudan), all’Etiopia, da 
      Haiti all’Iraq, quindi in Kosovo, in Kenia, Libano, Sri Lanka, in Terra 
      Santa e appunto in Afghanistan. 
       
      Ieri Sara mi ha scritto: “Da anni la mia Associazione è venuta in contatto 
      col problema della discriminazione o persecuzione dei Cristiani nel mondo 
      (non solo quello islamico). Noi abbiamo deciso di muoverci sul piano 
      pratico”. 
       
      Mi racconta di contatti con il Vescovo di Faisalabad, Monsignor Joseph 
      Coutts, per aiutare i Cristiani perseguitati del Punjab e di borse di 
      studio per alcuni seminaristi pakistani. 
       
      “Dopo di allora”, mi racconta Sara “ho mantenuto contatti stabili con il 
      Pakistan attraverso un giovane docente pakistano della Pontificia 
      Università Lateranense, professor Mobeen Shadid, che mi aveva informato 
      anche del caso di Shazia. Mi diceva che capita spesso, anche senza 
      arrivare alla tragedia della piccola, che le famiglie musulmane non 
      restituiscano le bimbe alle famiglie cristiane d’origine e impongano loro 
      conversioni e matrimoni forzati”. 
       
      Si pensava – dice Sara – a iniziative di sensibilizzazione sul piano 
      culturale, politico e diplomatico: “La grande idea, bella pratica come 
      piace a me, è arrivata leggendo il tuo articolo. Mi sono subito attivata. 
      Ho chiamato Mobeen e attraverso di lui ho saputo che un suo direttore 
      spirituale, padre Edward Thuraisingham, Oblato di Maria Immacolata, si 
      occupava già di un progetto per garantire un’istruzione e un futuro a 
      bambini cattolici in condizioni a vario titolo disagiate”. 
       
      “L’ho subito contattato” prosegue Sara “e così, in una serie di messe a 
      punto successive, è nato il progetto: ‘Borse di studio Shazia Bashir 
      -adotta una bambina con la sua famiglia’. Si tratta di un progetto di 
      sostegno a distanza che consente di far studiare bambine o ragazze di 
      famiglie cristiane povere”.  
       
      Ma – attenzione – “l’obiettivo non è solo quello di mandare a scuola le 
      bambine, magari togliendole alla famiglia per mandarle in collegio – cosa 
      che risolverebbe sì il problema della ragazzina, ma non della famiglia – 
      bensì quello di mandarle a scuola facendole continuare a vivere, ogni 
      qualvolta sia possibile, nella loro famiglia”. 
       
      Come è possibile? Tramite i missionari. “La gestione di un progetto così è 
      più difficile per il missionario che se ne occupa, ma ha una ricaduta 
      sociale a favore della comunità Cristiana, molto superiore. Il costo per 
      ogni ragazzina adottata è di 500 euro l’anno e comprende la retta 
      scolastica, l’uniforme (fondamentale per evitare differenze), i libri di 
      testo, il materiale didattico e di consumo e un piccolo sostegno alla 
      famiglia (coprendo di fatto il sostentamento della figlia e il mancato 
      guadagno avendola mandata a scuola invece che a lavoro)”. 
       
      L’operazione (a cui partecipano anche le “Donne padane”) inizia con 10 
      borse di studio, ma – aggiunge Sara – “se vediamo che il progetto va bene 
      e se la gente ci aiuta, più avanti si potrà pensare di aumentare il numero 
      delle borse di studio, per riscattare sempre più bambine all’amara 
      condizione di Shazia”. 
       
      A giudicare dalle mail che mi sono arrivate saranno certamente tanti a 
      contribuire. A tutti costoro giro un ulteriore chiarimento della Fumagalli: 
      “Mi preme dirti che, com’è nostro costume, l’intera quota di 500 euro 
      andrà a Padre Thuraisingham per le bambine e le loro famiglie, senza 
      perder neppure un centesimo in costi di struttura o propaganda, grazie al 
      fatto che l’associazione vive di solo volontariato e ama fare le cose in 
      piccolo, ma concreto e verace (come piace alla Madonna)”. 
       
      Naturalmente sarà difficile vedere e ascoltare in televisione persone 
      straordinarie come Sara Fumagalli (gli eroi del nostro tempo sono altri: 
      Morgan, per esempio, alle cui gesta sono stati dedicati addirittura due 
      talk show di informazione). 
       
      Ma sono queste eroiche formichine quelle che cambiano la storia. E da 
      cambiare in Pakistan c’è moltissimo, cominciando dai diritti umani e dalla 
      libertà religiosa come accadde con i Paese dell’Est. Proprio ieri i 
      vescovi pakistani hanno lanciato un appello: “nessuno ci protegge”. I 
      cristiani sono le prime vittime del fondamentalismo islamico che 
      infierisce su di loro – scrive Avvenire – con “rapimenti, violenze e 
      uccisioni nelle aree sotto l’influenza taleban”. 
       
      I vescovi accusano il governo pakistano di lasciare “mano libera ai 
      taleban”, che opprimono i cristiani con la “jazija” (imposta richiesta ai 
      non musulmani sottomessi) e con ogni sorta di violenza. Inoltre i vescovi 
      chiedono al governo pakistano di abolire le leggi più odiosamente 
      discriminatorie, come quella orrenda sulla blasfemia, e promuovere 
      tolleranza e uguaglianza davanti alla legge. Un sogno per ora remotissimo. 
      Gli stessi sviluppi giudiziari del “caso Shazia”, per esempio, fanno 
      temere che non sarà fatta giustizia. 
       
      Non si creda che il Pakistan sia solo un remoto e insignificante paese del 
      Terzo Mondo. E’ anzitutto una potenza nucleare di 180 milioni di abitanti 
      e ha un ruolo strategicamente decisivo per gli equilibri mondiali. Nel mio 
      articolo del 31 gennaio scrivevo che un Paese come quello non poteva 
      essere il credibile pilastro dell’Occidente nella lotta al terrorismo 
      islamista. E’ un inquietante buco nero atomico. 
       
      Lo fa pensare anche – come dicevo – l’assassinio del nostro agente Pietro 
      Colazzo. Ieri Lucia Annunziata, con un editoriale sulla Stampa intitolato 
      “Sacrificato dai servizi pachistani”, rivelava proprio l’inquietante 
      retroscena che sembra emergere: “l’attacco sarebbe stato ideato e portato 
      a termine non dai taleban, ma dai servizi segreti del Pakistan con lo 
      scopo di inviare un pesante avvertimento all’India”. 
       
      Vedremo se ci saranno conferme. Ma intanto aiutiamo le ragazzine come 
      Shazia, giovane martire cristiana. Sarà una piccola luce accesa nelle 
      tenebre. Ma la luce prima o poi vince le tenebre. Sempre. 
      Antonio Socci 
      Da “Libero” 28 febbraio 2010 
      
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