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Il peso dei cattolici sulla rimonta del 
      centrodestra 
      
       Massimo 
      Introvigne  
       
      A Torino, da sempre, c'è una straordinaria istituzione di carità che è 
      anche un barometro degli umori elettorali dei cattolici. Il Cottolengo ha 
      un seggio interno dove votano suore, infermieri, volontari e qualche 
      ammalato. Feudo della Democrazia cristiana, nella seconda Repubblica il 
      Cottolengo ha votato a sinistra, convinto che lì si trovassero orecchie 
      più sensibili alle esigenze degli «ultimi». Ma stavolta al seggio del 
      Cottolengo l'Udc con il 56,2% ha conquistato la maggioranza assoluta dei 
      voti e Berlusconi con il 68% ha nettamente battuto Prodi.  
       
      Il fatto è che al Cottolengo curano i malati terminali di tutte le età, 
      compresi quelli affetti da deformità irrimediabili che in Olanda la legge 
      sopprime con l'eutanasia. Quando il ministro Giovanardi - ripetendo 
      peraltro le parole di un documento vaticano - ha definito l'eutanasia 
      all'olandese «nazista», dall'Unione si è levato un coro di insulti. Né si 
      tratta solo dell'eutanasia. In Piemonte la governatrice della Regione, la 
      diessina Mercedes Bresso, in pochi mesi si è mossa per sopprimere il buono 
      scuola, prospettare l'introduzione di unioni civili anche omosessuali, 
      battagliare perché in Piemonte si continui a sperimentare la pillola 
      abortiva RU-486. Contro la Bresso è sceso in campo in materia di libertà 
      di educazione anche il cardinale di Torino - difficilmente classificabile 
      come un simpatizzante della destra - accolto in un'imponente 
      manifestazione da cori da stadio dei militanti cattolici. Così il 
      Piemonte, che sembrava un feudo inespugnabile della sinistra, è passato a 
      sorpresa alla Casa delle Libertà.  
       
      E il voto cattolico è stato certamente decisivo anche nel Lazio.  
      In quella che - qualunque sia il governo che si potrà o non si potrà 
      formare - rimane la più incredibile rimonta della storia politica italiana 
      non c'è solo la giustificata paura delle lacrime e sangue fiscali 
      dell'Unione. C'è anche il timore, del tutto giustificato e alimentato sia 
      dalle ambiguità del programma di Prodi sia dai proclami dei vari Capezzone, 
      Diliberto e Luxuria, che per i cattolici il governo dell'Unione avrebbe 
      portato un lungo venerdì santo alla Zapatero: unioni civili per gli 
      omosessuali, volontari cattolici fuori dei consultori per l'aborto, 
      RU-486, bioetica selvaggia, guerra alle scuole private e inizio della 
      lunga marcia verso l'eutanasia all'olandese. Ci vorranno settimane perché 
      le analisi dei sociologi confermino quello che il sensibile barometro del 
      Cottolengo e le prese di posizione mai così esplicite di voci tra le più 
      ascoltate dal popolo cattolico profondo - dalla Compagnia delle Opere a 
      Radio Maria e al mensile Il Timone - lasciano già intuire con chiarezza: i 
      cattolici praticanti hanno votato in maggioranza per la Casa delle 
      Libertà. Quest'ultima non deve rimpiangere il mancato arruolamento dei 
      radicali della Rosa nel Pugno che, se ha fatto perdere voti apparentemente 
      decisivi, ne ha fatti guadagnare molti altri di cattolici spaventati da 
      Capezzone. Perde, ancora una volta, la cupola cattolica progressista che - 
      dagli appelli via Internet di padre Sorge alle minacce dei banchieri 
      grandi elemosinieri di Prodi e alla discesa in campo di Famiglia Cristiana 
      - ha provato a far pesare la sua vecchia egemonia di potere e di danaro, 
      che non si è però tradotta in consenso. Alla Casa delle Libertà i 
      cattolici italiani hanno consegnato un grande patrimonio di voti e di 
      simpatie. Si sarebbe forse potuto coltivarlo ancora meglio prima del voto; 
      ora si tratta di non disperderlo.  
       
      Da Il Giornale, 12 aprile 2006 
      
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