L’angoscia di una giovane mamma (Luca 2,41-52)

 Ogni anno Maria, Giuseppe ed il loro figlio Gesù si recavano a Gerusalemme per la festa di Pasqua.

La legge imponeva quest’usanza solo a coloro che abitavano a meno di una giornata di cammino dalla città santa. Nonostante ciò tutti gli anni essi partivano con gli amici ed i parenti alla volta di Gerusalemme.

Questo modo di vivere le usanze religiose della loro tradizione ci permette di conoscere meglio la Sacra Famiglia nel quotidiano vivere.

Certamente sarebbe stato difficile pensare di loro il contrario, e cioè che non fossero ligi ai doveri ed alle usanze ebraiche; ma è confortante sapere che non si limitavano solo ad attenersi ai loro doveri perché comprendiamo, tramite l’evangelista, che Giuseppe e Maria andavano anche oltre i loro doveri. Li potremmo definire “ortodossi”, cioè perfettamente in linea con tutti i precetti e le leggi, nonostante in questo specifico caso essi ne fossero esonerati a causa della distanza. 

Maria e Giuseppe non sono due semplici genitori, anzi, sono due semplici genitori con un compito difficilissimo: crescere e educare il Figlio di Dio.Certamente Maria aveva una sensibilità più spiccata che qualsiasi altra donna, una particolare sapienza infusa dallo Spirito Santo disceso su di lei, un’intelligenza non corrotta dal peccato ma era poi anche e semplicemente una giovane mamma. Come tutte le giovani mamme ella avrà avuto i suoi dubbi e le sue ansie su come proteggere, educare e crescere suo figlio.

Mentre Giuseppe possedeva un cuore perfettamente puro ma non poteva comprendere, ovviamente, i sublimi livelli spirituali cui invece giungeva Maria. A questo dobbiamo anche aggiungere quel particolare legame affettivo per ragioni naturali che s’instaura tra, e solo tra, una madre ed un figlio. Eppure, nonostante queste differenze molto spiccate tra i due genitori, essi erano sempre in perfetto accordo nell’educare Gesù e nel mostrargli la giusta via da seguire.

Questo è il grande insegnamento della Sacra Famiglia per tutti i genitori: essere “ortodossi” nell’educazione dando prima di tutto il buon esempio ai propri figli; essi vogliono indicarci una ben precisa strada da seguire. Oggi l’educazione dei figli si limita, il più delle volte, ad insegnare ai figli il rispetto per i genitori senza insegnare loro il rispetto per Dio. Giuseppe e Maria invece avevano insegnato a Gesù prima il rispetto per Dio in modo tale da far nascere conseguentemente tutto il resto, perché chi rispetta Dio rispetta poi anche tutto il creato.

Al ritorno da questo viaggio a Gerusalemme ecco che accade un fatto che getta sgomento ed angoscia nell’animo dei due genitori: dopo aver viaggiato per un giorno con la carovana del rientro, credendo che Gesù fosse con gli amici ed i parenti, si accorgono che Gesù manca. Grande è la preoccupazione di Maria e di Giuseppe: dove sarà andato il loro Gesù? Maria è terrorizzata e, come tutte le madri di questo mondo, inizia a pensare alle cose più terribili. Inizia anche a pensare di non essere stata una buona madre perché altrimenti non avrebbe permesso al figlio suo di perdersi.

Dopo che furono sicuri che Gesù non fosse effettivamente nella carovana tornano indietro a Gerusalemme per andare a cercarlo in città.

Poiché avevano già fatto un giorno di cammino molto probabilmente dovettero anche riposarsi un po’, perché non avrebbero potuto reggere poi per tre giorni e tre notti senza dormire e mangiare. Poi fecero un altro giorno a ritroso e gli occhi di Maria scrutavano ansiosi ogni bambino che in lontananza giungeva nella loro direzione, nella speranza di vedere comparire il loro Gesù. Niente. Gesù chissà dov’era in quel momento e nel cuore di Maria e di Giuseppe, d’ora in ora, cresceva la disperazione e diminuiva la speranza. Fecero così, con tanta pena nel cuore, un altro giorno di cammino e giunsero nuovamente a Gerusalemme. La vista della città santa questa volta non fu per loro, come solo qualche giorno prima, un momento gioioso. Questa volta quella città divenne una terra di disperazione perché sapevano che Gesù era stato lì con loro e che, da un momento all’altro senza motivo apparente, era sparito.

Iniziarono a perlustrare ogni via, ogni vicolo ed ogni anfratto dove avrebbe potuto trovare rifugio Gesù. Era una corsa disperata contro le loro paure di genitori. Le ore trascorrevano e nessuno, tra le persone che incontravano, poteva aiutarli a dare una risposta alle loro angosce. Verso la sera del terzo giorno, quando tutte le speranze di ritrovare Gesù a Gerusalemme stavano svanendo, ecco che decidono di andare a vedere nel tempio. In fondo le avevano provate tutte e tentare anche quella strada non gli avrebbe nociuto oltre il dovuto.

Entrambi i genitori si dirigono verso il tempio dove, finalmente dopo tanta angoscia, lo trovarono seduto in mezzo ai dottori; mentre li ascoltava e li interrogava.

Immaginiamo la scena: Maria e Giuseppe, affranti e stravolti da tre giorni ininterrotti di ricerche, finalmente ritrovano il loro bambino all’interno del tempio. Ma come lo trovano? Tremante e piangente in un angolino mentre sperduto si chiede dove siano andati i suoi genitori? No! Lo trovano seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. Ascoltava ed interrogava. Un ragazzino di dodici anni che interroga i dottori della legge di Dio. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.

Maria vede Gesù e, nello stesso istante, sente la gioia più grande che una madre dopo aver perso un figlio possa sentire nel suo cuore: tutte le sue paure scompaiono all’improvviso. Non credo che in quei tre giorni di ricerche estenuanti Maria non avesse mai neanche lontanamente pensato, una volta ritrovato Gesù, di infliggergli una sonora punizione. Credo che anche a Maria, come a tutte le mamme di questo mondo dopo tanta paura, sia venuta la voglia di dare a Gesù qualche meritato ceffone.

Invece Maria, quando lo ritrova nel tempio seduto tra i dottori come se niente fosse, ha come unico impulso quello di corrergli incontro e di stringerselo al suo seno. Tutto è dimenticato. Tutto il mondo non è niente dopo che si ritrova un figlio sperduto. E così fece. Dopodiché, invece di un ceffone, gli chiede unicamente la cosa più semplice che Maria potesse chiedergli: ” Figlio, perché ci hai fatto così?”, aggiungendo che insieme a suo padre, angosciati, lo avevano cercato sino a quel momento.

Come avrebbe voluto Gesù stringersi alla madre e chiedere scusa per tutto quel dolore. Avrebbe voluto riempirla di baci ma non poteva, in quel momento stava facendo la volontà di Dio Padre e tutto doveva passare in secondo piano. Anche il dolore di una giovane mamma. Gesù guardò sua madre negli occhi e gli rispose: ”Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Il dolore di Maria e di Giuseppe, ormai già dimenticato, si mutò in stupore. Che cosa voleva dire il loro bambino con quelle parole? “Perché mi cercavate?”. Come poteva Gesù essere così insensibile nei riguardi di sua madre e di suo padre dopo tre giorni d’assenza e di terribili angosce da parte loro?

Nella testa di Maria e di Giuseppe rimbombava quella frase, che compresero essere una specie di rimprovero da parte di Gesù. “Perché mi cercavate?”.

I genitori che avrebbero avuto tutto il dovere di rimproverare un figlio, che per tre giorni si era allontanato da loro senza avvisare, si erano ritrovati loro ad essere rimproverati. Anzi... non rimproverati: ammoniti!

Maria e Giuseppe, in quell’istante, ci provarono ma non compresero le sue parole. Erano troppo frastornati, troppo stanchi, troppo emozionati, troppo felici. In fondo capire o non capire non era poi così importante come l’aver ritrovato il loro Gesù: quella era la cosa più importante in quel momento, tutto il resto non interessava ed era già acqua passata. Anche il desiderio di dargli qualche sonoro ceffone.

Uscirono nuovamente insieme dal tempio lasciando i dottori ad interrogarsi su quegli avvenimenti memorabili. “Chi era quel bambino?”, si chiedevano sconvolti. “Come poteva essere così sapiente? Già. Come poteva? Maria e suo marito questo lo sapevano, lo sapevano bene. Ma questa volta la paura che fosse capitato a Gesù qualcosa di grave e terribile glielo aveva fatto quasi dimenticare. Loro erano convinti che qualcuno avesse preso Gesù o che si fosse perso da solo. Ma non avrebbero mai potuto andare a pensare che Gesù, di sua spontanea volontà, si sarebbe potuto allontanare da loro senza dirglielo per tutti quei giorni.

Quando capirono che invece era andata così non compresero ugualmente le sue parole, ma compresero che in ogni caso lo aveva fatto di sua spontanea volontà. Questo a loro bastava.

Tornarono quindi a Nazareth, nel loro piccolo e sperduto villaggio. Sua madre, intanto, serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. Anche se quel giorno Maria non aveva compreso le parole di suo figlio aveva però afferrato una cosa ancora più importante: aveva compreso quanto fosse doloroso smarrire Gesù.

Ogni giorno Gesù è seduto al centro del nostro cuore, nel tempio della nostra anima dove lo abbiamo smarrito, ed aspetta di essere ritrovato; aspetta di vederci arrivare trafelati come quel giorno lo furono i suoi santi genitori.