Maria mamma del Re dei re (Mt 2,1-12) 

Dopo la nascita di Gesù alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: ” Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo”.Chi erano mai questi “Magi”? Come facevano a sapere di un certo “re dei Giudei” che era nato? Di quale stella parlavano?

Tanto per iniziare dobbiamo comprendere che l’arrivo a Gerusalemme di questi personaggi fu un evento di portata memorabile. I Magi erano capi religiosi persiani e, secondo la tradizione, essi erano tre…senza però precisare quante persone fossero al loro seguito.L’evangelista Matteo non si sofferma su questo particolare, che avrà sicuramente reputato non rilevante, ma che a noi servirà per comprendere l’impatto che la loro venuta ebbe sulla popolazione di Gerusalemme. Quindi anche sul regnante del tempo: re Erode.

Dei personaggi importanti, partiti da una terra del lontano oriente, con tutto quello che poteva loro occorrere per il viaggio d’andata e di ritorno, non potevano certamente viaggiare da soli. Almeno ciò appare molto improbabile se non addirittura impossibile. La normale logica, dunque, ci fa supporre che fossero accompagnati e scortati da un buon numero di persone che li servisse e nello stesso tempo li proteggesse.

Quindi tre capi stranieri con i loro servitori e le loro guardie entrano a Gerusalemme.Ma non entrano da straccioni o da mendicanti: entrano da personaggi illustri. Possiedono tutto quello che può loro servire per viaggiare ed i mezzi necessari a sostentare il loro seguito, compreso tutti gli animali.Entrano a Gerusalemme ed immediatamente la città li nota, sicuramente piena di stupore e d’ammirazione.

Che cosa cercano questi illustri stranieri, si domandano tutti? Per quale motivo sono in viaggio?

Le loro domande trovano presto una risposta perché i Magi hanno una ben precisa missione. Non appena entrati a Gerusalemme domandano: ” Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo”. Gli stranieri non perdono tempo e non tergiversano, domandano e mandano i loro servitori per tutta Gerusalemme a fare la stessa domanda: “Dov’è il re dei Giudei che è nato?”. Sarebbe stato meraviglioso se, facendo questa domanda alla prima persona incontrata, questa avesse risposto: ” Il re dei Giudei? Guardate, lo potete trovare andando dritti di là…e poi svoltando a destra… e poi…”.

Mi fa tenerezza pensare a questi Magi che, dopo tanto aver viaggiato, come prima cosa chiedono quasi con ingenuità alle persone di Gerusalemme dove si trovi questo re che è nato.Chiedono perché non possono credere che Gerusalemme non sappia.Non possono pensare, anzi, non avevano minimamente pensato che i cittadini di Gerusalemme, proprio loro, fossero all’oscuro di questo felice e straordinario evento. I Magi entrano in città e nella semplicità chiedono, con estrema naturalezza, dove si trovi il re dei Giudei che è nato. Tutto qui.Ma questa domanda non ebbe risposta alcuna.

Mi sembra quasi di vedere lo sguardo sbigottito che i Magi ebbero nel comprendere che a Gerusalemme, proprio nessuno, sapeva che era nato questo bimbo.

Gli unici che sapevano, a parte naturalmente Maria e Giuseppe, erano i pastori che la notte della nascita di Gesù furono informati dall’annuncio angelico.Ma i pastori normalmente abitavano fuori le mura della città ed era molto improbabile che s’incontrassero.Da dove poteva venire la loro sicurezza? Perché questi orientali avevano la certezza che Gerusalemme conoscesse gli eventi accaduti?La risposta è data dagli stessi stranieri, infatti, dissero: “Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo”.

Di quale stella parlavano? Una stella qualunque del firmamento?

Assolutamente no! Essi si riferivano ad un mirabile evento celeste, d’eccezionalità tale, da far capire perfettamente che era accaduto qualcosa di unico. La stella dei Magi doveva essere un fenomeno luminoso non paragonabile a nient’altro nel firmamento celeste. Si può supporre che fosse una luce, probabilmente di forma globulare, apparsa improvvisamente nel cielo da occidente rispetto al territorio dei Magi. Mi sembra importante comprendere che essi specificano molto bene l’evento, essi dicono: “Abbiamo visto sorgere…”. Questa sfera, questo globo luminoso essi lo hanno proprio visto alzarsi verso il cielo da un ben preciso punto cardinale, così facendo hanno percorso il loro tragitto in quella direzione precisa.

Quest’evento atmosferico, di tale portata e visibilità, secondo i Magi doveva essere stato ben visibile a tutti. Essi domandano con facilità e sicurezza, a destra e a manca, perché sono certamente convinti che tutti abbiano visto ciò che era stato fatto, invece, vedere solo a loro.Ma come potevano sapere che quella terra, da cui avevano visto sorgere la stella, era proprio la Giudea? Come potevano avere la certezza che fosse nato un bimbo e che questo bimbo fosse un bimbo speciale? Questo non possiamo saperlo. Matteo non si dilunga in riflessioni e particolari, egli punta immediatamente al nocciolo della questione.

Ma una cosa possiamo doverosamente pensarla: Colui che poté far sorgere una stella da un momento all’altro all’orizzonte non avrà avuto nessun problema ad ispirare, nel cuore dei Magi, ciò che Egli voleva che sapessero.

Di sicuro, in ogni caso, questi Magi sapevano che era nato un bimbo, che questo bimbo era un re e che era, oltretutto, re dei Giudei. Quindi sapevano e cercavano; convinti che anche tutti gli altri sapessero. E quando si accorsero che si erano sbagliati rimasero allibiti e turbati, ma non furono gli unici.

 All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.

Possiamo ben comprendere quale turbamento abbia assalito tutti. I cittadini di Gerusalemme si chiedevano dove fosse questo re e dall’entrata regale dei Magi in città non si parlava d’altro. Contemporaneamente re Erode cercava di raccogliere tutte le informazioni possibili per correre ai ripari. Quest’evento aveva messo in cattiva luce la sua figura. Come si permettevano questi Magi ad entrare nella sua città chiedendo di un altro re quando era lui il re? Erode non avrebbe potuto sopportare un affronto simile, ma più che l’orgoglio egli dovette combattere contro il timore che un altro re, magari acclamato a furore di popolo, lo scalzasse dal suo amato trono. Erode non riusciva a trovare pace e tutti i suoi pensieri e le sue energie erano dirette a fare luce su quest’enigma che lo tormentava.

Mentre la città mormorava ed i Magi tentavano di trovare questo bimbo egli, impaziente, decise di passare all’azione: riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia.

Re Erode scalpita e freme. Egli fece riunire il gran Consiglio per cercare di capire, con il loro aiuto, dove si trovasse questo “re dei Giudei”. L’evangelista specifica che il re si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Tutto il popolo ebreo sapeva tramite le Sacre Scritture che il Signore avrebbe, alla fine, mandato un suo inviato: il Messia. Tutti i sacerdoti, gli anziani del popolo e gli scribi diretti dal sommo sacerdote si misero alla ricerca di un qualche indizio che li portasse sulla buona strada.

Essi avevano sempre avuto sotto gli occhi le Sacre Scritture ma ciò che più avrebbe dovuto interessarli rimaneva a loro estraneo e nascosto. Le informazioni che stavano cercando, ora, affannosamente erano sempre state a loro disposizione in ogni momento della loro vita. Pur conoscendo a menadito ogni passo, ogni versetto delle Scritture non avevano memorizzato e compresi quei passaggi che li avrebbero aiutati a comprendere gli attuali avvenimenti. Coloro che dovevano detenere con maggior fermezza la Tradizione erano proprio coloro che invece la trascuravano maggiormente. La classe sacerdotale si preoccupava più delle cose del mondo che dello spirito e ciò li aveva ridotti ad una religiosità spocchiosa e superficiale pur conservando, apparentemente ed ipocritamente, tutto il rituale come gli era stato tramandato.

Dopo le varie consultazioni giunse la risposta del sinedrio.

Andarono dal re Erode e gli risposero: ” A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:

E tu, Betlemme, terra di Giuda,

non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda:

da te uscirà infatti un capo

che pascerà il mio popolo, Israele”. 

Re Erode ascoltò con molta attenzione, riuscendo a malapena a celare la sua ansia. Quando fece congedare i sacerdoti rimase solo a riflettere. Tentava disperatamente di mettere assieme tutti i tasselli per evitare che la situazione potesse sfuggirgli di mano. Una parola sola, tra tutte, lo tormentava maggiormente: “Betlemme!”. Fin quando si parlava di profezie varie, con avvenimenti incerti e personaggi non chiaramente identificabili era una cosa, ma ora egli si trovava a dover affrontare una certezza. La certezza era questo piccolo paesino a due passi da Gerusalemme…tutto poteva accadere e questo Erode lo comprese molto bene. Doveva correre subito ai ripari. Profezia o non profezia, crederci o non crederci egli non poteva permettersi che ci credesse anche il popolo.

Questa era la cosa veramente importante. Se il popolo avesse appreso questa notizia avrebbe cercato questo nuovo re a Betlemme, e magari lo avrebbe potuto anche trovare…in un bimbo qualsiasi che niente aveva a che vedere con le profezie. Non voleva rischiare di essere detronizzato da un Messia ma ancor di più non lo avrebbe permesso ad un “sostituto” Messia. Erode conosceva bene le cose del mondo e capiva che tutto poteva accadere quando si mescolavano credenze, fanatismo e profezie. Un miscuglio molto pericoloso…per lui, che doveva controllare tutta questa situazione che si era venuta improvvisamente a creare.

Di una sola cosa egli era, però, certamente sicuro: doveva muoversi con estrema prudenza.

Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli:” Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”.

Erode ha paura. Avrebbe potuto inviare degli emissari, delle persone fidate, delle spie a Betlemme per investigare e ricercare informazioni su questo “re dei Giudei che è nato”. Ma poteva il re ordinare di andare a cercare un altro re? Se lo avesse fatto sarebbe stato come dimostrare la propria inferiorità di fronte a questo presunto “Messia”, in modo palese e dichiarato. Nel momento in cui avrebbe fatto cercare ufficialmente un “re dei Giudei” avrebbe significato che egli, in ogni caso, a questo re ci credeva e quindi lo reputava tale. Questo era proprio quello che egli non doveva fare se voleva continuare a detenere il potere sulla Giudea.

Non poteva fidarsi di nessuno. Non voleva fidarsi di nessuno. Solo i Magi, questi stranieri giunti a Gerusalemme da tanto lontano, potevano aiutarlo nella sua ricerca senza destare sospetti. Infatti tutta Gerusalemme sapeva che essi erano venuti per trovare ed adorare il re di cui avevano visto nascere la stella. Erode capì immediatamente, da astuto stratega politico, che essi erano gli unici di cui poteva servirsi.

Matteo puntualizza sul fatto che vennero convocati segretamente dal re. Questo particolare ci aiuta ad avvicinarci ancora di più alla figura di Erode. Quando egli aveva convocato il sinedrio, per far cercare da loro una risposta agli interrogativi che egli aveva riguardo al Messia, non lo aveva fatto in segreto. Erode vuole dimostrare a tutti che non vedeva un nemico in questo presunto Messia, anzi, vuole dimostrare che si interessa al caso e che tenta di trovare delle risposte per poterlo, magari, andare a cercare egli stesso.

Non vuole insospettire nessuno perché si rende conto che la figura del Messia era molto attesa dal popolo ebraico. Ma poi, segretamente, fa convocare i Magi. Egli tesse la sua trama. Vuole sapere, conoscere gli eventi, ma senza doversi esporre in prima persona. Quale moti interiori avrà avuto Erode nel momento in cui i Magi furono convocati al suo cospetto? Certamente, se avesse potuto, li avrebbe uccisi con le proprie mani. Questi stranieri avevano osato entrare nella sua città chiedendo del re dei Giudei, che per loro non era lui, per adorarlo. Lo avevano denigrato di fronte a tutti mancandogli di rispetto. Egli era il re. Egli era colui che aveva in mano il potere della Giudea e che poteva fare il bello ed il cattivo tempo come e quando voleva. Ma nonostante questo qualcuno aveva osato offenderlo a tal punto. Chiariamo una cosa. Se Erode non avesse fatto chiamare i Magi essi non avrebbero mai pensato di andare da lui a presentarsi e magari ad ossequiarlo. I Magi erano entrati a Gerusalemme per cercare ed adorare unicamente il re dei Giudei che era nato; Erode non era minimamente considerato da questi stranieri. Ma doveva, in silenzio, sopportare questo affronto perché se avesse fatto diversamente si sarebbe inimicato il popolo intero che attendeva questo Messia.

Ecco allora Erode che, a denti stretti, riceve nel suo sontuoso palazzo i Magi. Facendo buon viso a cattivo gioco tenta di sfruttare il momento e di farsi dire più cose possibili, vuole sapere con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella. Certo: vuole farsi i calcoli per vedere quanto potrebbe essere stato grande, in quel preciso momento, quel bimbo che essi cercavano. Dal momento in cui i Magi avevano visto la stella era intercorso un certo periodo, visto il lungo viaggio da loro affrontato sino a Gerusalemme, e quindi il bambino avrebbe potuto già avere, nel momento del loro incontro, qualche mese.

Dal canto loro i Magi non potevano certamente immaginare quanto fosse perfido Erode e si confidano con lui comunicandogli le informazioni che avidamente e ansiosamente cercava ma, contemporaneamente, ebbero da lui quella che a loro più serviva: sapere dove si sarebbe potuto trovare il bambino. In fondo senza Erode non avrebbero potuto sapere che era proprio Betlemme la terra che aveva dato i natali al Messia.

La Divina Provvidenza sa servirsi anche del male per raggiungere i propri scopi.

Pensare ad Erode che dice “andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”, è quasi comico. Erode che vorrebbe adorare il bambino! Se egli avesse potuto, in quello stesso momento mentre pronunciava quelle parole, lo avrebbe eliminato dalla faccia della terra. Udite le parole del re, essi partirono. I Magi escono dal palazzo del re con una grande gioia nel cuore: sanno dove andare. Il re rimane nel suo palazzo meditando sul da farsi e sui possibili sviluppi della situazione.

I Magi raccolgono nuovamente tutta la loro carovana e partono. Anche questa volta senza passare inosservati: ma questa volta tutti sapevano chi erano e che cosa cercavano.

Partono. E dopo essere partiti accade nuovamente un fatto straordinario: ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Questa stella induce a riflettere su un aspetto interessante che si estrapola dal racconto evangelico: le stelle sono visibili solo di notte. Essi quindi procedono notte e giorno instancabilmente verso la meta indicata dal fenomeno luminoso che li precedeva. Questa luce, questa fonte luminosa incredibilmente bella, si muove e gli indica la strada. Non è quindi più una luce fissa che sale dall’orizzonte come la prima volta che la videro, ma è divenuta una vera e propria indicazione celeste. I Magi si erano messi in viaggio, dal loro paese, seguendo non la stella bensì la direzione lungo la quale la stella era sorta; ora invece questa stella era di fronte a loro e camminava con loro. Inoltre il fatto stesso che Dio abbia scelto come mezzo una stella, nella notte, induce necessariamente a fare un parallelismo con la notte del mondo.

Un bambino che nasce e che diviene la Luce del mondo, una stella che rischiara la strada a coloro che la seguono con fede. Con quel fenomeno luminoso si vuole indicare la via a coloro che in tutti i tempi vorranno andare a trovare quel bimbo: seguire la Luce nonostante l’oscurità del mondo.

Gesù è venuto alla luce per dare la sua Luce. Tutti i veri cristiani, ieri oggi e domani, sono un po’ come quei re Magi che con tanta fede e con tanta speranza avanzano nelle tenebre, fra mille pericoli, ma con la sicurezza che la Via è sempre indicata dalla Luce di Cristo. Quale felicità potesse dare loro questa manifestazione divina lo indica chiaramente il racconto di Matteo:”Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia”. La stella era la mano di Dio che li guidava in una terra straniera lungo strade a loro sconosciute.

Finalmente, dopo tanto peregrinare, la stella giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Erano giunti, avevano trovato il luogo tanto sospirato dove viveva questo bimbo, questo re dei Giudei che volevano adorare.

Pensiamo una semplice cosa. I Magi durante il loro viaggio sino a Gerusalemme, la loro permanenza in città ed il loro ultimo tratto sino a Betlemme avranno avuto modo di parlare e di farsi un’idea di quello che avrebbero potuto trovare una volta giunti. Sicuramente avrebbero trovato un bimbo…ma insieme al bimbo anche ai suoi genitori.

Non vi è ombra di dubbio che, quindi, avevano discusso a lungo riguardo alla figura dei genitori di questo bimbo così straordinario. Si meravigliavano stupefatti, pur senza ancora conoscerli, su quali e quante grazie tali persone potessero avere ricevuto da Dio per essere i genitori di un bimbo tanto speciale da far muovere addirittura gli astri nel cielo.

Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono.

L’evangelista è molto preciso nella sua descrizione: egli parla di casa. Quindi che fine ha fatto la stalla in cui avevamo visto nascere Gesù? Le case non hanno mangiatoie. Questo particolare, apparentemente insignificante, ci porta a concludere che Maria e Giuseppe, dopo la nascita di Gesù, abbiano cercato un’altra sistemazione. Certamente non potevano continuare a vivere in una stalla abbandonata e non potevano fare immediatamente ritorno a Nazareth; il bambino era troppo piccolo per sopportare il viaggio.

La soluzione migliore era di trovare un alloggio, magari una stanza in affitto. Il mestiere di Giuseppe, tra l’altro, gli consentiva di poter vivere in ogni luogo. Egli poteva sfruttare la sua arte di falegname anche a Betlemme e riuscire, modestamente, a vivere. Cosa pensò Maria nel vedersi entrare in casa questi stranieri sontuosamente vestiti e chiaramente altolocati? Mentre si accorgeva che fuori della casa vi erano altre persone, giunte con loro, in attesa?

Maria effettivamente non sa cosa pensare. Spera solo che tutta quella gente non attiri troppo l’attenzione dei vicini, anche se si rende perfettamente conto che sarebbe impossibile. Quei personaggi non potevano passare certo inosservati. Ma quando li vede prostrarsi a terra ad adorare il suo Gesù questo pensiero non la sfiora più.

Questo gesto dell’adorazione fa comprendere a Maria che chiunque essi fossero, da qualunque terra arrivassero e qualsiasi lingua essi parlassero erano sicuramente stati inviati dal Signore per onorare Suo Figlio.

E questo a Maria importava più di tutte le spiegazioni di questo mondo. Maria vede dei re porsi col viso a terra di fronte al suo bambino, vede dei re adorare il Re dei re.

Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.

Ai piedi di Gesù i Magi pongono una piccola fortuna. Maria in cuor suo gioisce perché sa perfettamente quanto quell’offerta possa aiutarli in quel particolare momento. Maria alza gli occhi al cielo e ringrazia il Signore della sua bontà e poi, quando li riabbassa, ringrazia questi re inviati dalla Provvidenza Divina.

Giuseppe non viene menzionato da Matteo ma ciò non toglie che egli era sicuramente accanto a Maria. La sua figura non viene accennata perché il racconto è incentrato sulla figura di Gesù e la persona più vicina a Gesù nel momento in cui entrarono in casa i Magi era Maria. Maria è sempre vicina a Gesù. Questo è l'atteggiamento assunto da Maria in terra come in cielo: stare vicino a Gesù per portare tutti a Lui.

Giuseppe si strinse a Maria mentre i Magi tornarono, felici di aver trovato il bambino e di averlo adorato, finalmente a casa ma avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Cosa significa questo? Che i Magi erano talmente puri di spirito, talmente ingenui spiritualmente, che avrebbero portato notizie del bimbo ad Erode. Mi sembra doveroso chiarire una cosa: il Signore non avverte mai l’uomo quando non ne ha bisogno. Se i Magi avessero intuito un qualche minimo inganno da parte di Erode non ci avrebbero pensato su un solo istante; avrebbero immediatamente deciso, di comune accordo, di percorrere un’altra strada nel ritornare a casa. Ma questa idea non li sfiorò e Dio si preoccupò di avvisarli in sogno.

Mi sembra bello concludere questa vicenda dei Magi pensando al buon Dio che si preoccupa costantemente dei suoi figli, di coloro che seguono la Luce.

Non importa se essi siano ingenui, non importa se essi si trovino in mezzo a lupi e rapaci, ciò che conta e che i suoi figli non perdano mai la direzione della stella che indica loro la strada da seguire.

A tutto il resto pensa Dio.

Sempre.