Come si conobbero Padre Pio ed Elide Malavasi

Elide Malavasi nacque a Pergola, in provincia di Pesaro, nel 1895. La sua era una famiglia benestante e sue padre era un magistrato, rispettato e temuto. Elide non approfittò mai dei privilegi della sua situazione al contrario era una ragazza con un carattere indipendente,forte e ribelle. Dopo il diploma in ragioneria volle andare a lavorare in un paese che non fosse sotto la giurisdizione del padre. Era sicuramente una ragazza diversa dalle altre dell'epoca. Intelligente, bella ed anticonformista. Non si adattò alle regole che la società le imponeva adottando spesso un comportamento che la metteva spesso in serie difficoltà. Dato che fumava, viaggiava da sola e portava i calzoni spesso veniva fermata dai carabinieri per dei controlli. Si fece quindi rilasciare un documento molto singolare con foto che lei teneva sempre con sé dove sul retro vi era la dicitura:"persona di regolare condotta ed insospettabile sotto ogni aspetto".

Lei non sapeva assolutamente chi fosse Padre Pio fino ai trenta anni circa. Non gli interessava la religione ed era anche apertamente atea. Aveva perso la fede a causa di una serie di disgrazie che si erano abbattute su di lei: la morte del fidanzato che lei amava moltissimo, la malattia del padre, lunga e gravissima e quella della madre costretta a letto da una paralisi. Per supplire alle spese che queste malattie cagionavano lavorò come infermiera anche quattordici ore al giorno come scrisse in un suo diario.

Fu mentre curava la madre che la sua vita e quella di Padre Pio si unirono.

Una signora di Bologna, Emilia Guidotti Frascari, figlia spirituale di Padre Pio, fece un sogno. Nel sogno il Padre le disse:" Devi avvicinare la signorina Elide Malavasi e dirle di venire da me." La Guidotti non conosceva la famiglia Malavasi ma nel sogno Padre Pio le disse anche come avvicinarla. Le aveva detto che una sorella della signorina Elide, Gina, accompagnava tutte le mattine a scuola un nipotino, di nome Umberto, che era coetaneo ed amico di suo figlio. Quindi attraverso quel bambino poteva arrivare alla signora Elide. E così fece.

non fu facile convincerla perché aveva la madre ammalata e non riusciva a credere che una persona potesse andare in sogno ad un'altra e dare delle istruzioni del genere. Alla fine si convinse ed andò. L'incontro fu sconvolgente. Elide si fermò da Padre Pio venti giorni perché lui le promise che in quel periodo la madre ammalata, rimasta a casa, sarebbe stata bene. E così fu.

Rientrata a casa era diventata un'altra persona. Divenne una figlia spirituale di Padre Pio facendosi anche terziaria francescana. Tornò molte altre volte a S.Giovanni Rotondo e nel 1933 Padre Pio le chiese di dedicarsi all'istruzione dei giovani. Nacque così la sua opera.

Durante la guerra parenti ed amici le consigliarono di chiudere il collegio per via dei bombardamenti. Padre Pio la rassicurò. Quando c'erano i bombardamenti portava i ragazzi nel cortile a chiacchierare tranquillamente come se niente fosse. Finita la guerra andò da Padre Pio e lui le disse :" Ringraziamo il signore che ti ha protetta.Nessuno dei tuoi ragazzi è stato ferito. Al pensionato ci sono stati solo sette vetri rotti ed una saracinesca danneggiata." Colpita dalla cifra precisa detta da Padre Pio Elide telefonò al cameriere, Domenico, che confermò: solo sette vetri rotti.


Per renderci conto un po' della vita, dell'operato e del carattere della Signorina Elide Malavasi, non potremmo riportare niente di più corrispondente alla verità e documentabile, che,  l'estratto del testamento spirituale scitto di proprio pugno dalla Fondatrice del Collegio Sacro Cuore.

"Dichiarazioni della Fondatrice ELIDE MALAVASI" parte integrante dello statuto - art. 1 e 3 "

LE RAGIONI DELLA MIA SCELTA

"Il bisogno si sentirmi utile, di dare un senso alla vita, di approdare a scelte definitive divenne insopprimibile volontà nel 1933, in seguito agli incontri avuti con Padre Pio di Pietrelcina, del quale divenni <<figlia spirituale>>. Come campo di azione mi orientai verso il mondo della scuola, che mi era più congeniale e, con i giovani e per i giovani, decisi di dare vita ad una attività finalizzata all'interpretazione della loro personalità, per favorire lo sviluppo e l'affermazione, difendendola da ogni tentativo di <<fagocitazione>>. Non fu e non è un'opera facile: i giovani hanno fatto sempre gola a tutti. Gli adulti sono, ancora, più intenti a servirsene per la conservazione del proprio mondo, piuttosto che condizionarsi al loro avvenire.

Questa realtà mi portò a concepire uno <<strumento>> avente lo scopo di inserirsi nel mondo della gioventù al servizio del suo futuro, avendo presente che per ciascuno l'unico dono irripetibile è la vita: <<Ama il tuo prossimo come te stesso ed assumi come imperativo categorico il quinto comandamento: "non ammazzare">>. Soltanto in questa prospettiva, per conquistare ai nostri ragazzi il diritto alla vita (presupposto di qualsiasi altra conquista), le attività culturali ed educative assumono dimensioni a misura dell'uomo.

Il dovere degli adulti è di aiutare i ragazzi a crescere fornendo loro le conoscenze necessarie per evitare che, proprio sui banchi della scuola, la loro indifesa coscienza venga <<catturata>> da chi, non sapendo staccarsi dal passato, è indotto ad una facile tentazione di plagio. Il rapporto con il ragazzo è onesto solo nella misura in cui lo aiuta nella ricerca della <<sua>> verità: la scoperta di se stesso.

Con tali convincimenti, consapevole delle responsabilità che gravano su tutti coloro che propongono di creare un nuovo e positivo rapporto adulti - ragazzi, iniziai la mia attività nel 1934.

Dopo quarant'anni mi trovo ad aver compiuto solo poco di più di un atto di coerenza con me stessa, e i traguardi che mi ero prefissa appartengono al futuro, oltre la mia vita. Il tempo incalza ed impone che lasci ad altri il compito di continuare il cammino che ho potuto tracciare grazie al tacito, continuo incoraggiamento che mi è venuto dai miei ragazzi (i quali, divenuti padri, mi hanno affidato, i loro figli, i loro nipoti) ed alla determinante collaborazione ricevuta da Mons. Trombelli, Fondatore della <<Casa Orfani>>. Altrettanto fondamentale è stata la fiducia   e la comprensione di tutti coloro che, con me, hanno lungamente e duramente lavorato, rinunciando a volte a scelte più  vantaggiose.

Per tutto questo insieme di motivi l'erezione a FONDAZIONE (quale presupposto di un <<ENTE MORALE>>) di tutta la massa patrimoniale a me intestata, rappresenta il frutto di una fatica e di una collaborazione collegiale nell'ambito della quale io ho dato il mio contributo dedicandovi oltre quarant'anni della mia vita.

Ho inteso così d'aver tenuto fede all'impegno da me assunto quando accetai le indicazioni datemi da Padre Pio di Pietrelcina e la successiva collaborazione di Mons. Trombelli, in un rapporto  di fattiva fraterna amicizia, vivificata da comuni ideali e dalla Fede Cristiana che ci ha sorretti.

Mai mi sono sentita esclusiva proprietaria, per fini miei personali, di quanto porta il mio nome, avendolo sempre considerato uno strumento di lavoro ed avendo il convincimento che ogni forma di proprietà, privata o pubblica, non è moralmente giustificata se non è posta al servizio della comunità. Ed è proprio in conseguenza di ciò che ho deciso di ancorare la FONDAZIONE ai principi cristiani, dai quali ho tratto tali convincimenti, nella certezza che, anche se spogli dei loro significati trascendentali, saranno di aiuto a coloro che avranno il compito di portare avanti, sul piano educativo, culturale e assistenziale, un'opera avente il solo scopo di immettere nella responsabilità familiari e civiche i giovani coerenti con le proprie scelte. Scelte che, per essere definitive, possono scaturire solo da un libero confronto di idee, sorrette da sentimenti di fraterna solidarietà, oggettivamente illustrate e mai deformate da faziose preclusioni.

Incombe, pertanto, ai componenti del Consiglio di Amministrazione della erigenda Fondazione, per non tradire il mandato, l'obbligo morale di pervenire ogni volta ad un accordo nel determinare la linea di gestione da seguire; al di sopra di ciò che può dividere gli interessi dei ragazzi che devono sempre e comunque unire per non perdere, rovinosamente, ai loro occhi, la indispensabile credibilità.

La motivazione del <<pluralismo>> impresso alla Fondazione discende dai principi cristiani che mi hanno ispirato il dovere della fiducia del mio Prossimo, indipendentemente dalle differenze ideologiche e religiose. Occorrono, quindi, uomini di buona volontà che credono fortemente in quello che fanno, puri nei sentimenti non meno che nei pensieri: uomini onesti, preparati e tesi a un apostolato di pace, unica via per dare al mondo il volto di un'effettiva autentica civiltà.

                                                                                                            Elide Malavasi,BOLOGNA 1974

IL SITO DELLA FONDAZIONE  "ELIDE MALAVASI"