Apparizione di Motta di Livenza (VE)

9 marzo 1510

- Madonna dei Miracoli -

Il 9 marzo 1510 la vergine apparve a Giovanni Cigana, un pio contadino di 79 anni, nativo di Redigole, che da vent’anni recitava ogni giorno il Rosario davanti ad un ‘Capitello’ della Beata Vergine, tuttora esistente. Mentre stava passando davanti al capitello della Madonna, posto all'incrocio di tre strade, l'uomo si arrestò colpito da una visione celeste: una bellissima giovane, vestita di bianco, se ne stava seduta sul campo di grano ancora verde.

Tra il vecchio, stupito, e la misteriosa Fanciulla si svolse un dialogo semplice e cordiale. Poi, Maria gli avrebbe ordinato di digiunare insieme con la famiglia per tre sabati consecutivi, di predicare tale digiuno a tutta la popolazione di Motta e di proclamarlo per nove giorni continui in tutte le città, borgate e villaggi della terra trevisana. Chi avesse digiunato con vero pentimento avrebbe ottenuto misericordia e perdono dal Signore, sdegnato per i troppi peccati del popolo. Inoltre, gli ordinò di far costruire una chiesa in legno, dove il popolo si potesse raccogliere in preghiera.

In seguito ai prodigi che si verificarono, l'autorità ecclesiastica istituì un processo canonico che confermò l'apparizione. La primitiva edicola in legno venne sostituita da un santuario, edificato tra il 1486 e il 1570.

L’Apparizione della Vergine a Giovanni Cigana, davanti al Capitello

[dipinto di Scuola del Tiepolo].

Vi prestano da sempre servizio i Padri Francescani Minori; ed è, questo Santuario, una vera "clinica dello spirito" per tantissimi fedeli veneti.

Notizie tratte dal libro: "apparizioni mariane nel corso di due millenni"- Marino Gamba, Ed.Segno

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9 marzo 1510:

Manifestazione della Madonna dei Miracoli in Motta di Livenza (TV) (1)

LA PENITENZA OTTIENE DA DIO
LA MISERICORDIA
ED IL PERDONO DEI PECCATI


L’Apparizione della Vergine, attribuita alla scuola del Tiepolo (1696-1770).

Intorno all’anno 912 d.C., le popolazioni che abitano il territorio di quello che oggi è Portogruaro, distrutta la città di Opitergio (Oderzo), si ritirano alla confluenza del fiume Monticano nella Livenza, e, per difendersi dalle continue invasione barbariche, costruiscono un castello, cioè una semplice fortificazione su un rialzo di terra, che chiamano Motta.

Le vicende storiche di quei tempi tempestosi convincono gli abitanti del castello a mettersi sotto la protezione della Repubblica di Venezia, da cui ricevono sicurezza, ma della quale debbono pure seguire le tante peripezie, condividendone tutte le dolorose conseguenze delle guerre contro i popoli invasori che tutto mettono a ferro e fuoco; tuttavia, in mezzo a tante stragi e rovine, gli abitanti di Motta preferiscono soffrire i trattamenti più crudi anziché sottrarsi alla Repubblica Veneta dalla quale sempre sperano protezione e difesa. Con il trascorrere dei secoli il Castello di Motta si abbellisce, diventa potente e glorioso, dando i natali a famiglie illustri per censo e per dottrina, ma l’avvenimento che più lo rende glorioso è il fatto straordinario che si verifica all’inizio del 1500.

L’Apparizione

Lungo la strada che da Motta va verso Oderzo, ad un crocicchio, c’era, e vi è ancora sul fianco dell’attuale Santuario, una Cappella, un Capitello così chiamato, con l’Immagine della Madonna con in braccio il Bambino. Un certo Giovanni Cigana di Motta, un contadino semplice e devoto, padre di sei figli che ha saputo educare cristianamente, quando il tempo glielo permette, è solito fermarsi davanti a questa Immagine della Madonna per recitare il Santo Rosario.

La sera di venerdì 8 marzo 1510, il Cigana sta preparando gli arnesi per arare, il giorno seguente all’alba, un campicello di sua proprietà, quando giunge l’Amministratore del signor Girolamo Moro, al quale presta servizio, che gli ordina a nome del padrone di recarsi il giorno seguente, con altri due operai, a Porto Buffolè, distante da Motta circa 15 chilometri, a prendere certe tavole. Il Cigana fa presente il suo lavoro già programmato per il giorno seguente, ma inutilmente; deve obbedire e cambiare ogni progetto a malincuore. Pensando però tra sé come poter mettere insieme l’ordine del padrone con il desiderio di arare il suo piccolo campo, gli viene in mente un certo Luigi Facchini, uomo abile e generoso, che abita proprio nelle vicinanze del campo, poco distante dal Capitello della Madonna. Certamente l’amico accetterà di aiutarlo!

Il giorno seguente, di buon’ora si mette in cammino e giunto davanti al Capitello, nonostante la fretta, si ferma per recitare qualche Pater, Ave e Gloria come per impetrare l’intercessione della Madonna. Quando si alza per proseguire il viaggio, getta lo sguardo a destra, su di un campo seminato a frumento, e vede seduta a terra, davanti a sé, una fanciulla con le mani incrociate sulle ginocchia e la testa inclinata a sinistra: ha le vesti bianche come la neve, sfavillanti di luce, le guance rosee, ed il capo coperto da un velo. Pensando sia una ragazza del posto, le rivolge in dialetto, il saluto solito di quelle parti «Dio vi dia il buon giorno», al quale la fanciulla risponde «Buon giorno e Buon Anno» e continua «Uomo dabbene, dove intendete andare?». Con tutta naturalezza l’uomo risponde «Voglio andare a parlare ad uno perché venga ad ararmi un piccolo tratto di terreno». La giovane continua «Oh quello verrà volentieri e vi servirà volentieri, perché anche voi siete solito aiutarlo; e vi ripeto che verrà volentieri e vi servirà volentieri».

Il Cigana si meraviglia che la fanciulla gli abbia detto per ben due volte «vi ripeto che verrà volentieri e vi servirà volentieri», ma colmo di una gioia che non sa spiegarsi, esclama con devozione

«Sia ringraziato Iddio e la Vergine, giacché verrà così volentieri»!

Come pronuncia queste parole, i suoi occhi si aprono ed il cuore gli dice che quella fanciulla non riconosciuta è realmente la Madonna, la Vergine Maria. Indescrivibile è la commozione del povero uomo che confuso si butta in ginocchio, mentre l’Apparizione si leva in piedi e gli parla, lasciandogli tre ordini:

– per tre sabati consecutivi, digiuni con la propria famiglia;
– per nove giorni di seguito inviti i compaesani ad unirsi al suo digiuno, per ottenere la misericordia ed il perdono di Dio;
– parli a Suo nome e comunichi che è Suo desiderio che in quel luogo venga eretta in Suo onore una chiesa in legno, che in seguito sarà trasformata in Tempio stabile di pietra.

Se l’apparizione della Madonna ha riempito di commozione il cuore del Cigana, gli impegni che gli vengono dati lo spaventano e, con tanta umiltà esclama «Madonna mia, nessuno mi vorrà credere né prestare fede». Ma l’Apparizione lo assicura «Questa sera stessa darò nel sole un segno straordinario che serva ad autenticare le tue parole».

Riavutosi alquanto dallo stordimento, il bravo uomo resta incerto se continuare il suo viaggio o mettersi subito ad annunciare quanto la Madonna gli ha ordinato; si decide di raggiungere la casa del Facchini, non molto distante, e di chiedergli il favore di arare il campicello. Udita la richiesta, subito il Facchini gli risponde di sì, ripetendogli per ben due volte con le stesse parole usate dalla Vergine, la sua disponibilità.

Il primo segno

Rientrato in casa, il Cigana annuncia ai familiari ed ai conoscenti la visione avuta, le richieste della Madonna e soprattutto il segno promesso a conferma dell’apparizione avvenuta. Verso il tramonto di quello stesso giorno, 9 marzo 1510, il sole dopo essere stato quasi nascosto per un’ora dalle nubi, appare di un rosso così vivo che sembra uscire da un bagno di sangue (2).

La devozione verso la Madonna, già grande nel cuore del Cigana, esplode e si diffonde: a tutti parla della visione avuta, ma soprattutto delle richieste della Vergine riguardanti il digiuno dei tre sabati consecutivi, per ottenere perdono dei peccati e misericordia da Dio, e la costruzione della piccola chiesa. Gli abitanti di Motta e dei paesi vicini, già spaventati dallo spettro dell’epidemia di peste che da parecchi anni infierisce nella zona mietendo numerose vittime, e dalla minaccia di continue guerre sempre incombenti, accolgono con entusiasmo le parole del Cigana ed eseguono le richieste della Madonna. L’entusiasmo cresce oltre ogni misura, le grazie si moltiplicano; in pochi giorni è costruita in legno la piccola Chiesa.

L’Autorità ecclesiastica interviene ed istituisce un regolare processo canonico; l’originale del Verbale si trova nella Biblioteca Comunale di Treviso. Numerose sono le testimonianze rese dalle persone interessate dei fatti ed oggetto di grazie ottenute per intercessione della Madonna. L’ultima testimonianza, resa il 13 maggio del medesimo anno, è quella del Podestà di Motta, Girolamo Venier, scritta di suo pugno. In essa il Venier dichiara che, dopo aver sofferto per quattro anni una dolorosa malattia ed aver esperimentato ogni genere di medicina, dopo la promessa fatta alla Madonna di contribuire alla costruzione della Chiesa nel luogo dell’apparizione, rimane completamente libero da ogni infermità.

Il grande Santuario

Visione dall’alto, dell’interno e del chiostro della Basilica della Madonna dei Miracoli, eretta nel XVI secolo.

Il concorso crescente dei fedeli e la loro ardente devozione alla Madonna convincono subito le autorità civili a costruire un tempio maggiormente degno alla Gran Madre di Dio. Sono chiamati ad animare il Santuario i Francescani Osservanti, e la costruzione del Tempio è affidata a Jacopo Tatti, il Sansovino, che realizza una grandiosa opera d’arte, che, a giudizio dei competenti, è una delle sue migliori opere per l’armonica semplicità delle parti, per la purezza e la sobrietà delle linee. Opere dei più celebri artisti di tutti i tempi abbelliscono le pareti del Santuario e dell’attiguo Convento.

Immagine del gruppo statuario della Madonna dei Miracoli venerata nel Santuario di Motta di Livenza.

Cuore del Santuario è la Cripta, il luogo dove è apparsa la Madonna e dove i pellegrini provenienti da ogni parte venerano l’antica Immagine della Vergine con il Bambino, incoronata nel 1859 dal Papa, il Beato Pio IX.

Don Mario Morra SDB

(1) Clemente Candotti, Il Santuario della Madonna dei Miracoli presso Motta di Livenza, Motta di Livenza, stab. Fezzuti & Figli, 1909.
(2) Dagli Atti del Processo canonico.

Fonte: rivista "Maria Ausiliatrice", marzo 2006 - http://www.donbosco-torino.it/

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